Si parla di concorso di persone nel reato nei casi in cui due o più persone commettano un fatto previsto dalla legge come reato.
La nozione di concorso di persone nel reato si ricava dall’art. 110 del codice penale che stabilisce che “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo (reato) stabilita…( salve le disposizioni degli articoli seguenti).”
Dall’integrazione tra l’art. 110 del codice penale e le singole norme incriminatrici nasce la figura del reato concorsuale.
Gli elementi costitutivi del reato concorsuale sono i seguenti: pluralità di soggetti agenti, la realizzazione di un fatto penalmente rilevante e il contributo dei diversi soggetti alla commissione di un fatto di reato.
Per quanto riguarda il primo requisito, ovvero la pluralità di soggetti agenti, è necessario che, alla commissione di un fatto-reato, vi sia la partecipazione di due o più persone.
Non importa se alcune di esse siano non imputabili. Infatti, l’art.111 del codice penale stabilisce, a tal proposito, che gli aggravanti di pena si applicano anche se taluno dei partecipanti al fatto non è punibile o imputabile.
Inoltre, è necessario che i soggetti agenti effettivamente commettano un fatto corrispondente ad una fattispecie di reato.
Infatti, in ossequio al principio di materialità e offensività che ispirano il codice penale italiano, qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il solo fatto dell’accordo.
Il mero accordo, conformemente a quanto dispone l’articolo 115 codice penale, può comunque comportare l’applicazione di una misura di sicurezza.
Infine, perché si possa parlare di ipotesi concorsuale, è necessario che vi sia il contributo (materiale o morale) di ciascun compartecipe alla realizzazione del fatto di reato.
In altri termini, ciascun concorrente, affinché sia assoggettato alla pena prevista per il reato concorsuale commesso, deve aver apportato un contributo causale alla realizzazione materiale del fatto.
Tale contributo non può limitarsi all’adesione psicologica ma deve estrinsecarsi in una condotta esteriore.
Ciò detto, occorre riferire che si distingue il concorso di persone materiale (es. Tizio fornisce la pistola per la commissione della rapina), dal concorso morale, in cui la condotta del concorrente ha fatto nascere o rafforzato il proposito dell’autore di commettere il reato(si pensi, ad esempio, al caso di chi istiga un determinato soggetto a commettere un furto o, addirittura, al caso del mandante di un omicidio).
Si distingue, inoltre, il concorso eventuale da quello necessario, nel quale è la stessa fattispecie di parte speciale a formulare, per la sussistenza del reato, la presenza di più soggetti .
Per esempio, perché possa configurarsi il reato di rissa devono essere coinvolti tre o più soggetti.
L’elemento soggettivo, nel concorso di persone nel reato, non si limita alla coscienza e volontà del fatto criminoso, ma include anche il contributo causale recato dalla condotta del partecipe.
Il concorso di persone nel reato va distinto dal diverso istituto dell’associazione per delinquere.
Mentre l’associazione per delinquere presuppone, per la sua esistenza, un vincolo stabile di coesione tra più soggetti e un programma criminoso riferito a un insieme di reati, il concorso di persone, invece, determina un vincolo di natura occasionale tra soggetti circoscritto alla realizzazione di uno o più reati determinati, al compimento del quale o dei quali il vincolo cessa.
Pertanto, l’associazione per delinquere è un’organizzazione strutturata, composta da almeno tre persone che postula l’esistenza di un apparato adeguato al programma criminoso da realizzare.
Inoltre, l’art. 116 del codice penale, stabilisce che “qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione. Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è ridotta per chi volle il reato meno grave”.
Sempre per quanto riguarda la fattispecie sopra indicata prevista dall’art. 116 del c.p., la Corte costituzionale ha precisato che “il reato diverso o più grave commesso dal concorrente” deve poter “rappresentarsi alla psiche dell’agente, nell’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, come uno sviluppo logicamente prevedibile di quello voluto” (in questi termini la Corte Costituzionale nella sentenza n. 42 del giorno 13 maggio 1965).
Un esempio potrà essere utile alla comprensione del caso sopra prospettato.
Immaginiamo che Tizio, Caio e Sempronio si mettano d’accordo per effettuare una rapina ad una gioielleria e Sempronio sia colui che rimane all’esterno con l’auto in moto per portare, dopo la commissione della rapina, i ladri lontano dalla gioielleria.
Ipotizziamo che Tizio e Caio durante la rapina commettono un reato diverso e, addirittura, più grave, ovvero un reato di omicidio.
Sempronio, che doveva solo stare fuori con l’auto in moto, sarà responsabile( ex art 110 e art 116 c.p.) anche del reato di omicidio?
Ebbene, applicando i principi succintamente esposti, la risposta che in estrema sintesi si può dare può essere differente.
Se la rapina è stata fatta con l’uso di armi, Sempronio poteva o doveva immaginarsi che si sarebbe potuto verificare un evento come l’omicidio.
Se la rapina non è stata fatta con l’uso di armi allora il nesso psichico può essere escluso per Sempronio perché può diventare improbabile la collegabilità del reato di rapina senza l’uso di armi con il reato di omicidio.
Inoltre, il legislatore ha previsto specifiche circostanze aggravanti ed attenuanti in relazione al concorso di persone nel reato.
L’art. 112 del codice penale, disciplina le circostanze che aggravano la pena nel caso di concorso di persone nel reato.
La pena è aumentata se il numero delle persone che sono concorse nel reato sono cinque o più, per chi ha promosso, organizzato o diretto la partecipazione al reato, per chi ha determinato a commettere il reato persone soggette alla propria autorità, direzione o vigilanza, nell’esercizio delle stesse, per chi ha determinato a commettere il reato un minore di anni diciotto (o una persona in stato di infermità o di deficienza psichica) ovvero si è avvalso degli stessi nella commissione di un delitto per il quale è previsto l’arresto in flagranza.
Tali circostanze aggravanti, se ritenute sussistenti, vanno applicate obbligatoriamente e il giudice, conseguentemente, aumenterà la pena ai concorrenti nel reato.
Diversamente, l’applicazione da parte del giudice delle circostanze attenuanti è facoltativa.
Esse, quando vengono applicate, determinano una diminuzione di pena.
Sono due e vengono disciplinate dall’art. 114 del codice penale.
La prima e più importante circostanza attenuante si può avere allorquando un soggetto ha prestato, rispetto agli altri concorrenti, un’opera che ha avuto una minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato.
La seconda è quella relativa all’essere stato determinato a concorrere o cooperare nel reato (quando concorrono le condizioni stabilite nei numeri 3 e 4 del primo comma e nel terzo comma dell’art. 112).
Secondo la dottrina maggioritaria, il contributo deve essere considerato di minima importanza (ai sensi dell’art. 114, primo comma) se può essere facilmente sostituito con l’azione di altre persone.
La giurisprudenza, invece, ha riconosciuto tale circostanza attenuante a talune condotte di scarsa o nulla efficacia causale.
Per concludere l’analisi di questo argomento, occorre capire quando e perché può essere considerato penalmente responsabile colui che si limita a partecipare alla realizzazione di un fatto criminoso solo in funzione di “PALO”.
Per meglio comprendere occorre partire da un caso (concreto).
Si pensi all’ipotesi in cui quattro soggetti decidano di fare una rapina.
Ebbene, come viene giudicata la condotta di chi materialmente non compie il reato ma partecipa esclusivamente in funzione di “palo” quando, ad esempio, alla rapina segue l’omicidio del soggetto che è stato rapinato?
Coloro che hanno partecipato vanno tutti e quattro condannati per rapina e omicidio volontario indipendentemente dall’analisi della specifica condotta di ciascuno?
Scendendo nei dettagli vediamo di analizzare un caso realmente accaduto.
Nel caso di specie, Caio e Mevio erano entrati all’interno di un negozio e Tizio e Sempronio fungevano solo da pali.
Caio intimava al cassiere di consegnargli il denaro e lo minacciava con una pistola mentre Mevio intimava ai presenti di non muoversi.
Il proprietario si ribellava e Caio, con tre colpi di pistola, lo uccideva, sotto esortazione di Tizio che lo sollecitava a sparare per guadagnare la fuga.
A risolvere il caso è stata la sentenza n° 4330/2012 della Corte di Cassazione, Sezione Penale.
Secondo quest’ultima, la responsabilità del compartecipe per il fatto più grave rispetto a quello concordato e materialmente commesso da un altro concorrente, integra il concorso di persone nel reato( ex art. 110 c.p.) soltanto se il compartecipe ha previsto ed accettato il rischio di commissione del delitto diverso e più grave. Mentre configura il concorso anomalo ex art. 116 c.p., (l’art. 116 del codice penale, come sopra detto, stabilisce che “qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione. Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è ridotta per chi volle il reato meno grave”). nel caso in cui l’agente, pur non avendo previsto in concreto il fatto più grave, avrebbe potuto rappresentarselo come sviluppo logicamente prevedibile dell’azione convenuta facendo uso, in relazione a tutte le circostanze del caso concreto, della dovuta diligenza.
In tal caso, pertanto, potrà essere ritenuto responsabile anche chi ha fatto solo il cd. “palo” cioè non ha materialmente commesso il reato.