Sono stati giorni di dolore per la morte dei due operai italiani in Libia, seguiti dall’immensa gioia per la liberazione degli altri due ostaggi.
Inevitabilmente hanno portato una scia di polemiche e strumentalizzazioni, perché mentre il Premier si mostra cauto e dubbioso, i media descrivono un’Italia sull’orlo della guerra in Libia.
Una minaccia di guerra scatenata da quali nuovi avvenimenti? Ripercorriamo le ultime vicende che hanno agitato i rapporti già complicati con.. si rischia la guerra in Libia.
Insieme a Salvatore Failla e Fausto Piano, uccisi in uno scontro a fuoco giovedì in circostanze ancora da chiarire, erano infatti stati rapiti il 20 luglio 2015 altri due operai della Bonatti, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno. I due ex ostaggi superstiti, giunti allo scalo di Ciampino alle 5 di domenica 6 marzo, son stati accolti con forte emozione dai familiari che attendevano questo momento da otto mesi. Pollicardo e Calcagno, stanchi e visibilmente provati, già dopo qualche ora sono stati accompagnati in caserma e ascoltati dal pm.
L’obbiettivo primario sarà ricostruire la dinamica della morte degli altri due ostaggi. Per ora è emerso che sono stati tenuti prigionieri quasi certamente da una banda di criminali comuni non direttamente riconducibile all’Isis, e che sono riusciti a liberarsi da soli.
Intanto ancora non si conoscono i tempi per il rientro delle salme in Italia perché il governo di Tripoli fa sapere che la decisione spetta alla Procura generale.
Le famiglie dei due tecnici uccisi sperano di poter riavere presto la salma dei loro cari per dirgli addio in modo dignitoso. E chiedono spiegazioni, perché ancora non è chiaro cosa sia accaduto veramente. Perché Fausto e Salvo sono stati uccisi, mentre gli altri due italiani son stati liberati il giorno dopo?
L’agenzia Mena riferisce che il ministro degli esteri Abuzaakouk ha smentito di aver detto di aver chiesto aiuto all’Italia nella guida delle operazioni internazionali e che, anzi, ritiene che la Libia sia in grado di combattere l’Isis da sola e respinge qualsiasi intervento militare straniero nel paese.
Preoccupa la scarsa consistenza della leadership di Renzi. Tranne rare eccezioni, il Consiglio dei Ministri ha poche possibilità di tenergli testa durante una crisi seria. E mentre gli altri leader europei sono attenti a costruire un consenso nazionale unitario, prospettando rischi e obiettivi di un’eventuale azione militare, non nascondendo l’imminente probabilità di attacchi terroristici, dall’America è l’ambasciatore John R. Phillips che ci informa su quanto dovranno contribuire gli italiani in termini di uomini (cinquemila militari), in un ruolo non ben delineato in questa guerra.
L’intervento militare in Libia del 2011 di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna manteneva forze da combattimento aeree, terrestri e navali sotto il comando nazionale che operavano in modo autonomo dal comando NATO di Napoli.
Il fallimento del governo di Al-Sarraj potrebbe indurre gli alleati a scatenare un’operazione militare contro lo Stato Islamico in Libia anche senza la richiesta del governo di Tripoli. In tal caso l’Italia difficilmente potrebbe chiamarsi fuori, ma è poco probabile che venga messa a capo di un’operazione internazionale.
“Al momento“, spiega Giacomo Stucchi, presidente del Copasir e senatore della Lega Nord, “non sono presenti militari Italiani in Libia. Il governo può decidere di inviarli, ma prima sarebbe tenuto a informare il Copasir“.
Il Presidente de Consiglio comunque ribadisce che l’eventuale intervento arriverà soltanto dopo un’accurata valutazione e con l’approvazione del Parlamento. “Se ci sarà necessità di intervenire in Libia, l’Italia non si tirerà indietro, ma la guerra è una cosa seria, bisogna avere molto rispetto per le parole ed evitare le strumentalizzazioni selvagge e bieche di queste ore di fronte al dolore.”. La Guerra in Libia, una guerra a cui, secondo i sondaggi, la maggior parte degli italiani è contraria.