Quanto costa l’accoglienza per rifugiati politici e richiedenti asilo? Chi spende? Da cosa nasce il problema del numero dei rifugiati e richiedenti asilo in Italia?
Occorre premettere che il costo per lo Stato Italiano è di 35,00 euro al giorno per richiedente asilo/rifugiato.
Di questi 35 euro, 2,50 euro al giorno spettano direttamente alla persona accolta.
La somma può essere sostituita da carte telefoniche o biglietti d’autobus.
I residui 32,50 euro al giorno rappresentano tutto il costo dell’accoglienza: dal vitto e l’alloggio alle spese per il personale che gestisce centri e progetti, fino ai percorsi finalizzati all’apprendimento dell’italiano o alla ricerca di casa e lavoro.
Per quanto riguarda i CARA (Centri Accoglienza Residenti Asilo), i costi non sono identici per tutti i centri.
In media sono intorno ai 50 euro al giorno per persona accolta detratti i 2,50 euro a persona per l’acquisto di beni di consumo. Ad esempio ticket da usare nello spaccio del Centro, ricariche per chiavette per distributori automatici di alimenti.
L’Unione Europea non ha mai smesso di darei soldi all’Italia.
Sono stati stanziati dalla prima più di 500 milioni di euro negli ultimi cinque anni al fine di migliorare il sistema nazionale di controllo e d’assistenza per i profughi.
Il problema è che a Roma quel forziere non è stato ancora usato nel migliore dei modi.
Spesso non sono riusciti a spendere i quattrini già stanziati da Bruxelles.
Nel Piano nazionale della sicurezza c’è un portafoglio ancora pieno di fondi comunitari per l’impatto migratorio: 122 milioni di euro per rafforzare l’integrazione e contrastare l’immigrazione irregolare, divisi fra lo Stato Italiano, che ha stanziato 50 milioni di euro, e l’Europa, che ne ha investiti 72 milioni di euro.
Da questa cassaforte, ad oggi, sono stati presi dall’Italia solo 30 milioni di euro, ovvero meno di un quarto del totale.
Significa che entro l’anno 2015 l’Italia dovrà riuscire a investire i 90 milioni di euro che mancano.
Altrimenti dovrà restituire tutto quanto.
Negli altri Paesi, invece, le amministrazioni hanno imparato a superare le procedure e concludere le opere.
In Italia, contrariamente, la gestione di questi contributi per i rifugiati politici, continua ad alimentare un suk dove si propone molto ma si conclude poco o nulla.
Lo stesso triste primato che vede il nostro Paese come pecore nere per la gestione dei fondi per i beni culturali o per l’occupazione si ritrova, infatti, anche nello spreco dei finanziamenti europei per l’immigrazione.
In Italia anche per le pratiche più piccole da presentare all’Europa si finisce impantanati in un labirinto di enti, comitati e autorità.
In altri termini una montagna di carte che spesso non arrivano al traguardo.
Il controllo sugli interventi ammessi a ricevere il sostegno dell’Unione Europea passa attraverso il Ministero dell’Interno.
Sono gli uffici del Viminale a decidere cosa e chi verrà finanziato.
I servizi di assistenza e di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati sono poi svolti principalmente dagli enti locali.
Il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo è destinato a finanziarie le iniziative degli enti locali.
Questo Fondo da ultimo citato è alimentato da apposite risorse iscritte nel bilancio di previsione del Ministero dell’interno, ingenti assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati politici e donazioni private.
Le disponibilità del Fondo sono assegnate annualmente con decreto del Ministro dell’interno, e sono destinate alle iniziative dei comuni e province, in misura non superiore all’80% del costo complessivo di ciascuna iniziativa territoriale.
La costituzione del Fondo nazionale istituzionalizza l’esperienza del Programma nazionale di asilo (PNA).
Un progetto realizzato dal Ministero dell’interno, dall’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (ACNUR) e dall’Associazione Nazionale dei Comuni italiani (ANCI).
Il progetto ha origine dal protocollo d’intesa siglato il 20 ottobre 2000 con il quale le tre istituzioni hanno assunto l’impegno di collaborare per la realizzazione di un coordinamento finalizzato all’individuazione di servizi relativi all’accoglienza e all’assistenza in favore dei profughi stranieri e dei richiedenti asilo e all’integrazione dei rifugiati politici.
Nel primo anno di attività (dall’aprile 2001 al novembre 2002) il PNA ha creato un sistema che coinvolge circa 150 comuni ed ha accolto nei suoi 58 centri distribuiti sul territorio nazionale 2.970 persone.
Il sistema nazionale di accoglienza ha trovato il suo completamento con l’adozione del D.Lgs. 140/2005 di attuazione della disciplina comunitaria in materia di accoglienza dei richiedenti asilo.
Si prevede che l’accoglienza dei richiedenti asilo privi di mezzi di sussistenza sia disposta preferibilmente presso i servizi attivati dagli enti locali e, in caso di indisponibilità, nei centri di identificazione o nei centri di accoglienza allestiti ai sensi della legge 563/1995 (legge Puglia).
Agli interessati è rilasciato il permesso di soggiorno.
Qualora dopo sei mesi non sia stata adottata le decisione sulla domanda di asilo, il permesso di soggiorno è rinnovato per sei mesi e consente di svolgere attività lavorativa.
Pertanto non corrispondono al vero le critiche di quanti pensano che l’Italia si faccia interamente carico dei costi per i richiedenti asilo e/o rifugiati politici
Resta da chiarire un punto fondamentale relativo al transito di stranieri nel nostro Paese.
Come mai in Italia sono così tanti?
L’Italia, con la L. 523/1992, ha ratificato la Convenzione di Dublino sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della Comunità europea, in ottemperanza alle statuizioni della Convenzione di Ginevra.
Quella di Dublino è una convenzione che ha il compito di determinare lo Stato membro dell’Unione Europea addetto all’esame delle domande d’asilo e al riconoscimento dello status di rifugiato.
Lo Stato membro scelto è quello in cui il richiedente ha messo piede per la prima volta nell’ Unione Europea.
Questo regolamento è nato principalmente per impedire agli immigrati di presentare domande in più Stati membri (fenomeno cosiddetto asylum shopping) e ridurre il numero di quelli considerati “in orbita” , cioè quelli che vengono trasportati da uno Stato all’altro in attesa di un adeguato provvedimento.
Quindi bisogna avere presente che in Italia avvengono il maggior numero di sbarchi per ragioni geografiche!
In Italia i richiedenti asilo mettono piede per la prima volta.