Il mondo classico greco e latino è stato il terreno fertile per la nascita di un nuovo modo di considerare l’uso della parola e il potere del linguaggio, intesi come efficaci ed utili strumenti persuasivi e non più come rappresentazione assoluta ed inconfutabile della realtà e della verità.
E’ al V secolo a.C. che dobbiamo far risalire il momento storico in cui l’importanza della cosìdetta “ars dicendi “, ha assunto un’accezione teorica trasmissibile attraverso l’insegnamento.
L’eloquenza, ossia la capacità di utilizzare in modo efficace e utile le parole, non viene più considerata un talento innato, ma una ” techne ” , una forma di sapere che può essere insegnata ed appresa poiché caratterizzata da un insieme di principi e postulati ben precisi.
Tale importante cambiamento, nel modo d’intendere il potere del linguaggio, è da attribuirsi ai Sofisti, che, per la prima volta, stravolgono il sistema comunicativo precostituito, prospettando dunque la possibilità dell’esistenza di una pluralità di opinioni ( e non di una sola assoluta ed inconfutabile ) , nessuna più vera e incontestabile delle altre, ma ognuna potenzialmente vincente se si sanno utilizzare le armi della persuasione.
La retorica e l’oratoria divennero così vere e proprie arti, discipline che venivano acquisite ed applicate soprattutto dagli esponenti della classe più in vista della politica e della vita pubblica del tempo. Catone, Cicerone sono soltanto alcuni dei nomi dei personaggi che si sono distinti nella così detta arte del discorso, che si sviluppava parallelamente alla nascita di una nuova forma politica: la democrazia.
Scrive Geymonat : “Vivere attivamente in democrazia significa partecipare ad assemblee, prendervi la parola, far valere con efficace discorso la propria opinione frammezzo alle altre opinioni; e perciò saper pesare la varie accezioni e sfumature dei vocaboli, avere nell’orecchio le più felici espressioni dei poeti, riuscire a disporre i periodi in un ordine che incateni l’attenzione, accenda le fantasie e susciti i consensi: significa insomma possedere quel complesso di cognizioni grammaticali, lessicali, sintattiche, stilistiche, letterarie che costituisce l’arte dell’eloquenza.” ( fonte https://www.liceoberchet.it ).
Tali arti sono state poi studiate, affinate, e su di esse sono state elaborate delle costruzioni filosofiche, che sono giunte fino ai nostri giorni.
Tuttavia sentir parlare del linguaggio come potente mezzo di persuasione può far pensare a qualcosa di perverso e malevolo: strumento atto solo a piegare la volontà altrui ed influenzarne le scelte. In realtà la persuasione e l’uso della parola sono soltanto dei mezzi, i cui fini ultimi ( benevoli o non ) dipendono dalla persona che ne fa uso e dal tipo di impiego fatto.
Oggi tali tecniche vengono impiegate soprattutto nella vendita e nelle pubbliche relazioni. Il sapersi proporre e riuscire a persuadere l’interlocutore sono caratteristiche che assicurano il successo ed un atteggiamento vincente ed efficace nel lavoro.
Dietro gli aspetti più pratici e materiali legati all’utilizzo del potente strumento della parola, sicuramente la persuasione è comunque da considerarsi una grande dote.
Riuscire a convincere ed ” ammaliare ” attraverso il potere del linguaggio significa prima di tutto conoscere il proprio interlocutore, comprenderne le peculiarità caratteriali, e, questo, presuppone principalmente la capacità di ascoltare. Il saper ascoltare e comunicare nel modo più adeguato è oggi un elemento tutt’altro che banale e scontato.
Nel momento in cui si acquisisce tale facoltà, si riesce automaticamente a creare empatia con il prossimo, abbattendone i muri della diffidenza e della sfiducia.
Più è grande la capacità di far provare emozioni al proprio interlocutore e ad affascinarlo, più quest’ultimo sarà portato a lasciarsi convincere da ciò che affermiamo e gli proponiamo.
Chiaro è che spesso si fa un uso distorto di tale facoltà che fa leva proprio sul rapporto emotivo e di fiducia che si va a creare con il prossimo: basti pensare alle “menti rapite” di coloro i quali entrano a far parte di sette o congregazioni. Il potere di fascinazione di personalità carismatiche come i così detti “santoni” sembra privare il cervello degli “adepti” di qualsiasi forma di difesa, conducendoli verso una totale devozione e coazione.
Qualsiasi uso se ne faccia, benevolo o malevolo, comunque il potere del linguaggio verbale suscita sempre un grande interesse e dimostra che, tali “poteri”. in realtà, dipenderebbero quasi principalmente dalla consapevolezza che l’uomo arriva ad avere della sua autorevolezza e del potere di fascinazione ed attrazione ad essa legato!