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Maltrattamenti in Famiglia, chiedere ed ottenere tutela

Maltrattamenti in Famiglia, chiedere ed ottenere tutela – in3clicktv

La famiglia è il nucleo fondamentale della nostra società.

Nell’ambito familiare ogni componente è libero di esprimere la propria personalità e di essere amato, sostenuto, aiutato e protetto.
All’interno della stessa, in qualunque modo sia composta, le persone sono unite da vincoli non solo e semplicemente di parentela ed affinità ma anche da rapporti di affetto e di condivisione quotidiana sia dei successi che dei fallimenti che possono avvenire nella vita di tutti i giorni.
Purtroppo, però, può capitare che l’ambiente familiare possa diventare anche un luogo di difficile convivenza, di forte malessere e di violenza.
Queste particolari situazioni sopra accennate possono riguardare sia gli individui adulti (come i coniugi, i conviventi, i genitori, i figli maggiorenni), che i soggetti minorenni e le relazioni fra gli adulti e i bambini.maltrattamenti-in-famiglia-300x198
E’ evidente che le ipotesi di simile gravità, nelle quali si arrivi, addirittura, a mettere a repentaglio l’incolumità, la salute, ed il benessere psico fisico dei propri familiari, non potevano essere ignorate o trascurate dal nostro legislatore.
Infatti, la necessità di tutelare la famiglia e i suoi componenti rappresenta sia attuazione di un principio fondamentale della nostra Carta Costituzionale (contenuto negli articoli 29, 30 e 31della Cost.) che di principi conseguentemente attuati dall’intero ordinamento nazionale.
Ciò in quanto, è bene ribadirlo, la protezione della dignità dell’individuo va assicurata anche all’interno degli ambiti nei quali la personalità del soggetto si esprime, si forma e si sviluppa.
Nella legge ordinaria, la tutela dagli abusi che possano verificarsi nei contesti familiari è prevista dal codice penale.
Al di là delle ipotesi più gravi in cui una relazione familiare disfunzionale può degenerare (come il reato di omicidio o di tentato omicidio di un familiare, il reato di violenza sessuale, di lesioni gravi o di lesioni gravissime), il nostro sistema penale prevede una (specifica) norma posta a tutela di condotte lesive perpetrate ai danni di un familiare.
L’articolo 572 del codice penale prevede e disciplina il reato di maltrattamenti in famiglia.
Secondo quanto disposto da questo articolo 572 c.p., (che disciplina i casi che non possono essere ricondotti nella diversa fattispecie dell’articolo 571 c.p. che disciplina il reato di abuso dei mezzi di correzione), è punibile “chiunque maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte”.
La pena prevista per la commissione di tale reato è quella della reclusione da due a sei anni.bn2-870x276
La disposizione è stata recentemente modificata dalla Legge 172/2012, che ha previsto l’aumento della pena originariamente prevista sia nel minimo che nel massimo edittale.
Infatti, prima di questo intervento normativo, il minimo e il massimo edittali erano, rispettivamente, di uno e di cinque anni.
Inoltre, (sempre secondo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 572 c.p.), “se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni…. se deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni….. se deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni”.
Come si comprende dalla descrizione appena prospettata dell’articolo in esame ( art. 572 c.p.), le ipotesi che possono essere riconducibili nella citata fattispecie non sono state descritte, dal legislatore, in maniera rigorosa e puntuale.156718-420x236
Pertanto, nella prassi, è stato possibile poter ricondurre nell’ambito di tale fattispecie anche condotte non del tutto identiche ma, comunque, simili.
Questo aspetto è molto importante, perché, spesso, si può confonde il reato di maltrattamenti con le diverse fattispecie (meno gravi) che puniscono l’uso della violenza fisica come le percosse e le aggressioni-lesioni.
La disposizione in esame, naturalmente, trattando un reato molto grave, ricomprende e assorbe, al suo interno, anche il disvalore di queste minori ipotesi di reato che, normalmente, vengono commesse da chi pone in essere una condotta tipica, antigiuridica e colpevole di maltrattamenti in famiglia.
Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, in più di un’occasione, ha precisato che anche le continue aggressioni verbali, gli insulti, le costanti offese e gli attacchi alla personalità, possono essere considerati come reato di maltrattamenti in famiglia.
Pertanto, non ci sono diversi “gradi” di reato di maltrattamenti a seconda che l’offesa dell’autore dei fatti-reato leda il fisico piuttosto che la psiche della vittima.
Molto spesso, inoltre, gli attacchi di natura verbale, le accuse ingiustificate, le denigrazioni perpetrate producono delle immani sofferenze psichiche in chi li subisce che, nel tempo, inoltre, possono causare malattie fisiche gravi.
Nell’ipotesi in cui queste violenze fisiche o verbali siano rivolte nei confronti dei minorenni o comunque dei figli, gli stessi possono anche subire gravi problemi di crescita in quanto, assimilando solo atteggiamenti violenti, oppressivi, maneschi ed ingiuriosi, potrebbero diventare degli adulti a loro volta violenti e oppressivi.
Al fine di meglio precisare la condotta (tipica) del reato di maltrattamenti in famiglia occorre sottolineare che non solo occorre che venga posta in essere una condotta di sopraffazione fisica e/o psichica ai danni di un altro soggetto tale da generare una condizione di sottomissione.abuse
E’ altresì necessario che tale condotta violenta consista in una ripetizione di azioni che si devono concretizzare in episodi continuativi e ripetuti.
I maltrattamenti, pertanto, per poter essere ricondotti nella fattispecie in parola, non possono consistere in eventi sporadici ma devono avere il carattere della costanza e dell’abitualità.
In altri termini, si deve verificare un circolo vizioso di condotte lesive ai danni di un altro soggetto.
Chiarito quindi cosa si intende per maltrattamenti in famiglia, va a questo punto specificato che cosa si intende per “contesto familiare”.
Le sentenze dei nostri Tribunali concordano nel ritenere che il termine famiglia vada inteso come vincolo affettivo che lega diverse persone in un rapporto quotidiano di convivenza ovvero da una costante condivisione di vita.
Sono da considerarsi famiglie, quindi, anche le convivenze “more uxorio”.
Infatti, ciò che conta, ai fini della punibilità, è la convivenza.
Quest’ultima crea la continuità di vita che costituisce un altro elemento fondamentale del delitto in esame.
Consegue che nell’ipotesi in cui i soggetti conviventi, (coniugati o meno), decidano di separarsi, il venir meno della convivenza comporterà che eventuali condotte illegittime come quelle sopra specificate non saranno riconducibili nella fattispecie che prevede il delitto di maltrattamenti in famiglia ma, ad esempio, nella diversa fattispecie di cui all’articolo 612 bis del codice penale che prevede il reato di stalking.
Tuttavia, è opportuno evidenziare che oggi, più che in passato, la Cassazione riconoscere che il delitto di maltrattamenti si consumi non solo tra persone legate da vincoli familiari intesi in senso giuridico, ma anche tra persone legate soltanto da un mero rapporto di fatto che, per le consuetudini di vita o per le intime relazioni correnti tra le persone coinvolte, presenti somiglianza ed analogia con quello proprio delle relazioni coniugali.
Basti pensare al caso della concubina non convivente, o dell’amante legata al colpevole da una relazione stabile, o ad una persona legata al reo da una relazione sentimentale che abbia determinato una assidua frequentazione dell’abitazione di quest’ultimo, tale da far emergere sentimenti di umana solidarietà e doveri di assistenza morale e materiale.iMAGE
Sul punto si segnala la seguente pronuncia del Giudice di legittimità: “…Correttamente è ravvisato il reato di maltrattamenti (anche) nella condotta dell’imputato che risulti aver posto in essere, nei confronti della convivente, una continua serie di insulti, prepotenze, meschine cattiverie, infedeltà ostentate, atti di violenza, favoriti anche dall’abuso di alcool, accompagnati finanche dall’inibizione alla convivente, pur comproprietaria dell’immobile, di fare ritorno a casa, per oltre un anno, dopo un ricovero ospedaliero: ciò in quanto si tratta di comportamenti dimostrativi dell’esistenza di una condotta dell’imputato reiteratamente e abitualmente prevaricatrice, tendente a umiliare e sottoporre la convivente a sofferenze fisiche e morali, così da renderle penosa l’esistenza…”.
Paradossalmente, tale estensione della Cassazione ha, addirittura, portato, l’orientamento più recente della stessa a ritenere configurabile la fattispecie di maltrattamenti anche nel caso in cui vi sia stata la cessazione del rapporto di convivenza a seguito di separazione legale o di fatto:“…Il reato di maltrattamenti in famiglia è configurabile, quanto al rapporto tra coniugi, anche in caso di separazione legale e di conseguente cessazione della convivenza, sempre che la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della fattispecie…”.
Ciò detto, occorre anche evidenziare che per il reato di maltrattamenti in famiglia è stata prevista la procedibilità d’ufficio.
Ovvero, il soggetto agente potrà essere sottoposto a procedimento penale anche nell’ipotesi in cui la vittima dei maltrattamenti non abbia sporto una querela, allorquando la Polizia Giudiziaria o il Pubblico Ministero siano, comunque, venuti a conoscenza dei fatti ovvero della notizia di reato.
Per tale reato, inoltre, stante la gravità, è previsto l’arresto obbligatorio.
Secondo la Cassazione “…è ben possibile procedere all’arresto in flagranza dell’autore del reato (anche) quando gli operanti della polizia giudiziaria abbiano diretta percezione di un “segmento” commissivo della condotta che, pur non integrante ex se reato, risulti non indifferente nell’ottica volta a dimostrare sul piano indiziario l’ipotesi di reato…”.
In conclusione, è opportuno che le persone che subiscono atti come quelli sopra specificati, si adoperino per chiedere ed ottenere una opportuna tutela.
Non solo sarà possibile sporgere una denuncia-querela, ma sarà anche possibile, seppure informalmente, informare delle vicende in corso la Polizia Giudiziaria che, una volta venuta a conoscenza di tale condotta delittuosa, potrà comunque procedere, come sopra specificato, d’ufficio.

Inoltre, è opportuno che le persone che subiscono atti di maltrattamenti, si rivolgano ad un avvocato il quale, oltre a valutare l’effettiva riconducibilità dei fatti nell’ambito della fattispecie astratta, ben potrà suggerire le opportune iniziative per garantire un’adeguata tutela come l’avvio di un procedimento penale.
Certo è che nessun individuo deve mai patire le sofferenze psico-fisiche sopra descritte.
Meglio agire che soccombere!
E’ opportuno, quindi, adoperarsi tempestivamente e secondo i modi sopra indicati, per far si che gli autori di tali comportamenti vengano bloccati per tempo, allontanati dalle vittime che subiscono le angherie e le vessazioni e, conseguentemente, possano essere severamente puniti per i reati commessi.
La legge, pertanto, prevede diverse forme di tutela per le vittime di tale reato che nella maggio parte dei casi si sono rivelati efficaci e risolutive.

Si Ringrazia la Dott.ssa Chiara Pezza per aver collaborato alla stesura di questo articolo.
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